date » 27-10-2023 16:12
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date » 09-01-2023 15:35
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date » 06-01-2023 17:37
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date » 06-01-2023 16:51
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date » 03-05-2022 14:42
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Una base militare nel Parco naturale di San Rossore, con una parte dei soldi e con la corsia preferenziale del Recovery Plan. Per il governo Draghi la costruzione del nuovo presidio dei carabinieri – che dovrebbe ospitare Gis, paracadutisti del Tuscania e centro cinofili – dovrebbe avvenire a Coltano, in un segmento di una riserva naturale che si estende sulla fascia costiera delle province di Pisa e Lucca. Si tratterebbe di 440 mila metri cubi di nuovi edifici, in un’area recintata di 730mila metri quadrati di area protetta. Cemento tra campagna e pinete, a 13 chilometri dalla Torre di Pisa. Le strutture militari – secondo il Dpcm di Draghi – verranno edificate sopra e intorno al Radar, come lo chiamano i circa 400 abitanti della zona: è un ex edificio militare in disuso con il quale fino al 2006 gli statunitensi controllavano i cieli italiani dalla vicina Camp Darby, una delle basi americane più importanti d’Europa. Il progetto prevede una pista di atterraggio per elicotteri, due poligoni di tiro, caserme, centri di addestramento, laboratori, magazzini, palestre, uffici, piscine, officine, infermeria, mensa, 18 villette a schiera e un autolavaggio. Tutto andrebbe al condizionale in realtà perché nonostante il decreto abbia la firma – oltre che del premier – anche del ministro della Difesa Lorenzo Guerini a protestare c’è anche il Pd nazionale, che come noto è guidato da un segretario pisano, Enrico Letta. “Il Pd, nei suoi organismi del territorio, in verità si è già pronunciato pubblicamente e si espresso contro, definendola una scelta sbagliata” ha fatto sapere il Nazareno.
Il decreto di Draghi e Guerini, due mesi dopo la firma, è arrivato finalmente anche sulla scrivania di Lorenzo Bani, il presidente del Parco naturale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli (questo il nome integrale). “Una decisione non concordata, ed essendo il decreto già stato firmato, non c’è più margine di discussione” dice Bani, ex assessore all’Ambiente a Pisa che dice di essersi trovato davanti al fatto compiuto. L’iter che ha portato all’approvazione della nuova base militare a Coltano infatti è stato quello di una “procedura semplificata” in quanto “opera destinata alla difesa nazionale”. Questo significa che può essere costruita in una zona sottoposta a vincoli ambientali senza che sia necessaria l’autorizzazione paesaggistica, per la quale sarebbe stato fondamentale l’assenso del parco. Bani ha capito che c’è poco da fare e ora chiede al governo di finanziare almeno delle “opere compensative“: realizzazione di un parco verde in una vecchia caserma non utilizzata e la restaurazione e realizzazione, in un vecchio edificio limitrofo all’area interessata, di un polo dedicato all’agricoltura biologica e al cibo di qualità.
Ma dentro il governo e in particolare dentro al Pd che ne è uno dei principali sostenitori e per giunta esprime proprio il ministro della Difesa i toni sono quelli di una decisione tutt’altro che definitiva. A parlare per primo era stato il capogruppo del Pd in consiglio regionale Vincenzo Ceccarelli che aveva parlato di un progetto “non sostenibile per il territorio”. “Con tutto il rispetto per la sicurezza nazionale – aggiunge – sono finiti i tempi nei quali si poteva pensare da Roma di realizzare un intervento di queste dimensioni, in un’area di elevato pregio ambientale, derogando a tutte le leggi di tutela dell’ambiente e del territorio in nome della difesa nazionale, scavalcando completamente le istituzioni del territorio e ignorando le criticità evidenziate da tutti gli enti competenti, a cominciare dall’ente Parco”. Il Pd porterà la questione all’attenzione del consiglio con un atto ad hoc per chiedere al presidente Eugenio Giani di “attivare ogni strumento” per un confronto con ministero e vertici militari. Obiettivo: “Scongiurare un intervento così impattante in un luogo protetto”.
E Giani si è fatto sentire oggi, spiegando di aver richiesto tutti i progetti “di cui io allo stato attuale non sono a conoscenza, ma che dovranno essere approfonditi perché gli interventi in questo Paese, soprattutto nella delicatezza di quello di cui si parla, di un’area protetta, devono essere ben considerati“. “Voglio affrontare le cose con grande rispetto verso l’Arma dei carabinieri, perché quello che l’Arma dei carabinieri fa lo fa al servizio del Paese – ha aggiunto – quindi sono convinto che l’approfondimento, e anche l’eventuale rimessa in discussione, dei progetti che sono stati formulati, avverrà in modo concordato, con un approfondimento che troverà sicuramente le autorità dell’Arma a disposizione delle popolazioni attraverso le loro istanze territoriali”.
Il parco di San Rossore, oltre 23mila ettari di verde, è l’area protetta più militarizzata d’Italia. Comprende due poligoni di tiro, la sede del Centro Interforze Studi per le Applicazioni Militari (il Cisam), il centro di addestramento degli incursori Col Moschin e l’insediamento del Comando delle forze speciali dell’esercito (Comfose) che, inaugurato due anni fa, è costato alle casse dello Stato 42 milioni di euro. Inoltre è presente dal 1951 la base militare americana Camp Darby che occupa circa 2mila ettari. Detiene nei suoi 120 bunker il più grande arsenale militare Usa all’estero. Per questo ormai si parla di “Cittadella militare”: eguaglia quasi per metà la grandezza del centro storico di Pisa.
Da parte sua il comando provinciale dei carabinieri di Pisa assicura che la nuova base “avrà un basso impatto ambientale”: “L’area avrà un’estensione complessiva di 72,9 ettari, ma 28 saranno mantenuti a superficie verde e le edificazioni ne copriranno solo 5 (lo 0,02% del parco)”. L’Arma precisa tra l’altro che nell’area che sarà tolta al Parco ma non sarà interessata da nuove costruzioni sarà “valorizzata con un’estesa piantumazione di vegetazione autoctona per incrementare l’assorbimento di anidride carbonica e ben 40 ettari saranno adibiti a viabilità e servizi, con idonee opere di regimazione e di vegetazione: i criteri di progettazione perseguono un bassissimo impatto ambientale e paesaggistico, tutti gli edifici avranno un’altezza massima di tre piani e garantiranno emissioni pressoché nulle grazie al ricorso a sistemi di riscaldamento e condizionamento con impianti fotovoltaici e solare termico“. Il sedime interessato “è in parte già costruito e per il resto è classificato zona agricola di recupero ambientale”. Per valorizzare il territorio sotto il profilo della sicurezza ambientale e della salvaguardia della biodiversità, nella nuova base ci sarà anche “un distaccamento carabinieri per la biodiversità e sarà trasferita la stazione dei carabinieri forestali di Pisa, dotata di unità a cavallo per la vigilanza sul parco”. Infine, nella base “lavoreranno quotidianamente diverse centinaia di carabinieri, dei quali molti vi risiederanno con le loro famiglie e che presso quella base, saranno ospitati corsi e delegazioni, producendo un flusso costante di visitatori presso le strutture ricettive locali, con i conseguenti benefici sull’indotto economico della periferia pisana”. Asilo nido e impianti sportivi della base saranno messi “a disposizione anche della collettività”.
“Si tratta di un intervento all’interno dell’area naturale protetta che, di fatto, annullerebbe anni di lavoro per la conservazione della natura” sottolinea il presidente di Federparchi Giampiero Sammuri. “I parchi in Italia coprono il 12% del territorio svolgendo una preziosa funzione di tutela della biodiversità – aggiunge – Qui la discussione non riguarda il merito della base, le cui decisioni spettano ad altri, ma il dove; c’è un 88% di territorio fuori dai parchi dove poter scegliere”. Per Sammuri, “non mancano certo alternative e la decisione di intervenire in una zona dedicata alla conservazione della natura è abbastanza incomprensibile, considerando anche la volontà espressa più volte dal governo di dare rilevanza ai temi della sostenibilità ambientale alla luce anche delle politiche europee”. Stupefatto Alessandro Giannì, direttore campagne di GreenPeace Italia che a ilfattoquotidiano.it it dice: “Trovo bizzarro che il ministero delle Transizione Ecologica abbia avviato nel 2021 il processo di definizione della Strategia Nazionale per la Biodiversità 2030, che delinea una visione di futuro e di sviluppo incentrata sulla necessità di invertire a livello globale l’attuale tendenza alla perdita di biodiversità e al collasso degli ecosistemi, e che ad oggi vengano approvati e spesi soldi così“. Legambiente Pisa sottolinea che nello statuto dell’ente parco “si dichiara che sua finalità la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturalistico-ambientale. Sono questo obiettivi di pace con la natura in un contesto di pace tra le persone e i popoli”. “La ‘ripresa e la resilienza’ – aggiungono gli ambientalisti – dovrebbero essere perseguite con un cambiamento di rotta capace di superare la presente crisi economica, ambientale e sociale. Il sacrificio di un prezioso bene ambientale si muove in direzione opposta”. Increduli anche i pacifisti-ecologisti di Un Ponte per che in un comunicato si domandano: “Com’è possibile che il governo Draghi – mentre aumenta la spesa militare al 2% del Pil – decida senza opposizione di deviare risorse del Pnrr dalla ripresa economica italiana (e dalla transizione ecologica) verso le infrastrutture militari, a scapito dell’ecosistema di un parco che dovrebbe generare turismo sostenibile?”.
date » 29-04-2022 16:20
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Il Nazareno aveva definito una “scelta sbagliata” quella della costruzione di una nuova base militare dei carabinieri a scapito di un pezzo del Parco naturale di San Rossore, una riserva che si estende tra le province di Pisa e Lucca. Una posizione presa d’intesa con il Pd locale e che aveva provocato anche la presa di posizione – ancorché interlocutoria – del presidente della Regione Eugenio Giani. Oggi al Fatto Quotidiano il predecessore Enrico Rossi ha definito uno “scempio” la decisione passata dalla firma di un Dpcm del presidente del consiglio Mario Draghi e dalla controfirma del ministro della Difesa Lorenzo Guerini. Il segretario provinciale Oreste Sabatino, alla guida dei democratici pisani dal 2021, conferma di aver saputo di questa nuova realizzazione che tra le altre cose prevede una pista di atterraggio per elicotteri, due poligoni di tiro, caserme, centri di addestramento, laboratori, magazzini, palestre, uffici, piscine, officine, infermeria, mensa, 18 villette a schiera e un autolavaggio.
È riuscito a parlare con il segretario Letta? Cosa vi siete detti?
Sì, c’è un’intesa piena e vicinanza sulla questione della base.
Crede che sia giusto finanziare una nuova base militare con i soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza?
Non si tratta di fondi del Pnrr ma del Fondo di sviluppo e coesione, come ha ben chiarito proprio l’Arma dei Carabinieri. (qui il testo del Dpcm)
Il dpcm è stato firmato, senza una discussione, anche dal ministro del Pd Guerini. Pensa che prima ci sarebbe stato bisogno di un confronto con la base?
Il confronto deve esserci sempre. Una precisazione: il dpcm non è in capo al ministero della Difesa ma al ministero dell’Interno. Il ministro Guerini peraltro ha chiesto di proseguire il confronto con le amministrazioni interessate. Mi risulta che le interlocuzioni sono in corso e dopo Pasqua ci sarà in Regione un decisivo incontro tra carabinieri, enti locali e ministero delle Infrastrutture.
Il capogruppo del Pd in Regione Vincenzo Ceccarelli ha detto che “sono finiti i tempi in cui Roma decideva anche per i territori”. E’ d’accordo?
Sì. Siamo sempre per la leale collaborazione tra enti ed istituzioni.
È d’accordo con l’ex presidente della Regione Rossi che ha detto che questo progetto va contro ogni valore che il Pd rappresenta?
No. Mi sembra un po’ forzata l’equiparazione tra valori e realizzazione di una base militare.
C’è una crisi di valori all’interno del Partito dopo la decisione del Governo di inviare armi in Ucraina e di aumentare le spese militari?
Nessuna crisi. Condivido le scelte del governo e la linea del Pd nazionale, si tratta di una scelta a difesa e a sostegno del popolo ucraino che è stato aggredito da Putin e che si sta battendo per la libertà e la democrazia. Non possiamo essere al loro fianco solo con le parole.
Crede che la posizione interventista del Pd possa far perdere voti alle prossime elezioni del 2023?
La nostra non è una posizione interventista bensì a difesa di un popolo aggredito. Faccio mie le parole del segretario Letta: “I voti si perdono e poi si possono riguadagnare. La dignità no, una volta persa non la riprendi più”.
Firmerà la petizione su change.org contro la base a Coltano (che ha raggiunto quasi 56mila firme, ndr)?
Devo ancora leggerla.
Parteciperà martedì all’assemblea pubblica al circolo Arci di Coltano dal titolo “Salviamo Coltano dal cemento armato”?
Per quel giorno è in programma la direzione regionale del Pd.
date » 29-04-2022 16:05
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Circa 250 persone hanno manifestato davanti ai cancelli della base statunitense Camp Darby sulla via Livornese, in provincia di Pisa. Contro una nuova base militare a Coltano, al posto di un pezzo del Parco naturale di San Rossore, contro l’ampliamento di Camp Darby (una delle più grandi basi Usa in Europa), contro la vendita di armi al governo ucraino e l’incremento delle spese militari. Alla manifestazione, organizzata dal movimento No Camp Darby, rappresentato da Federico Giusti, hanno partecipato varie sigle: Cambiare l’Italia, Carc, il Partito Comunista, comitato No Green pass e Rivoluzione Allegra. “Ci unisce il rifiuto della Nato e della militarizzazione del territorio – dice Giusti – e soprattutto le politiche di guerra. Questo vuol dire che noi dobbiamo opporci da una parte allo stato di emergenza, che dalla pandemia si è spostato alla guerra e nello stesso tempo essere vigili e contrapporsi a quelli che saranno gli inevitabili tagli al welfare, ai salari e alle pensioni, dovute alle spese militari”.
25/3/2022 Il Fatto Quotidiano
date » 30-03-2022 14:47
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Nel campus dell’Università Nazionale di Farmacologia di Kharkiv gli studenti si preparano per la prima sessione di esami. Ismael ha 21 anni ed è originario di Khemifra, in Marocco. Dal 2019, con un permesso temporaneo per motivi di studio, vive e studia in Ucraina. Il 23 febbraio è nella sua camera al nono piano del Campus universitario, prepara l’esame di Biologia. Studia, cena e va a dormire. “Una vita calma e sicura” racconta a ilfattoquotidiano.it. Alle 5 del mattino lo strappano dal sonno i tonfi delle bombe: la Russia di Putin ha attaccato l’Ucraina. Il suo vicino di stanza egiziano, Eyup, grida, le porte sbattono e gli studenti con facce terrorizzate si danno alla fuga. Ismael si veste: sneakers, jeans e giaccone neri, il colore dei giorni che lo attendono. Afferra un piccolo zaino, infila il passaporto e i documenti di residenza in Ucraina: le cose più preziose che ha. In poco tempo si ritrova negli scantinati dell’edificio insieme agli altri. Trova posto dove può. Eyup lo vede e si siede accanto a lui. Adesso sono tutti nella stessa condizione. La guerra appiattisce, sono già dei rifugiati. Si parlano, cercano di informarsi e di capire, ma si rendono conto che se vogliono sopravvivere molto dipende da livello di batteria del loro smartphone. Le ragioni dell’inizio del conflitto, la Nato, la Russia, il Donbass e la Crimea, il trattato di Minsk sono molto più lontani delle bombe che li hanno costretti lì. Riceve una chiamata dello zio Icham che vive a Livorno da 22 anni. “Stai bene?”, “Sì, sto bene”. E’ lì che è diretto. Deve risparmiare la batteria e i soldi per altri aggiornamenti nel corso del viaggio.
Ma ci sono rifugiati e rifugiati: l’Unione europea ha riconosciuto ai profughi che arrivano dall’Ucraina la protezione temporanea. Per i non ucraini decidono gli Stati membri: la Spagna è più inclusiva, la Francia li respinge alla frontiera e addirittura li mette sotto chiave. In Italia il governo non ha ancora recepito la direttiva Ue e il paradosso è che chi era al sicuro in Ucraina in Ue rischia di essere abbandonato a se stesso.Il caso di Ismael, a Livorno, è stato preso in carico dall’avvocata dell’Asia-Usb Mariateresa Veltri, che è specializzata in diritto delle migrazioni e coordinatrice dell’Accademia di Diritto e Migrazioni. Secondo la questura il suo assistito non ha lo status che soddisfa le norme minime per accedere alla protezione temporanea alla quale, invece, tutti i profughi ucraini accedono. “Per Ismail – spiega l’avvocata Veltri – è stata avviata una procedura accelerata, che si svolge in tempi più rapidi rispetto alla procedura cosiddetta ordinaria. Nel suo caso sarà sentito per l’audizione in Commissione Territoriale di Livorno, dopo la formalizzazione della domanda di protezione internazionale, poi attendiamo l’esito (si spera positivo) per permettergli subito l’iscrizione al corso di studi in farmacia, interrotto in Ucraina, all’Università di Pisa. In caso di diniego, questa procedura comprime alcune garanzie, come quella che in pendenza di ricorso la persona viene considerata intanto come non beneficiaria di protezione, dunque irregolare”.
Il viaggio di Ismael per arrivare in Italia è durato 9 giorni. La fuga inizia in quegli scantinati del campus universitario. Dopo che i bombardamenti sembrano essere cessati, un paio di giorni dopo il primo allarme, Ismael ed altri studenti formano un gruppo di quindici persone. Kharkiv è una città di 1,5 milioni di abitanti, ha una superficie di 350 chilometri quadrati, due volte quella di Milano. Tra loro e la stazione ci sono circa 4 km, decidono di percorrerli a piedi. Arrivano sotto l’imponente colonnato della Stazione Centrale di Pasazhyrsky e trovano un muro di gente che vuole lasciare la città tanto quanto loro.
“E’ stata dura salire sul treno, uno spingeva l’altro, abbiamo aiutato le ragazze, abbiamo lottato” racconta. “In un vagone da 40 persone saremo stati 100. Stretti uno all’altro tanto che ad un certo punto i miei piedi non toccavano più terra”. Non sanno esattamente dove stanno andando, almeno Ismael non lo sa. Vive in Ucraina da poco più di tre anni: gli anni del Covid, dei lockdown e delle restrizioni, non conosce bene la geografia del Paese. Il treno è diretto a Leopoli, nella parte ovest, al confine con la Polonia. In condizioni normali sono tredici ore di viaggio, ne impiegano invece ventisette. Escludono di passare dalla Polonia, la frontiera più vicina. Hanno sentito raccontare di altri meticci stranieri provenienti dal Nord Africa che sono stati respinti. Escono dalla stazione di Leopoli, fermano un taxi. Un autista gli chiede mille euro per portarli in Slovacchia. Sono un infinità, non hanno neanche i soldi per mangiare. Rimontano sul treno, il primo che capita, direzione Chop al confine con l’Ungheria. Ci sono persone che aspettano da tre giorni. Da lì arriva a Uzhhorod, sul confine slovacco, poi, attraverso Bratislava, a Vienna. E’ salvo. “Non riuscivo più a camminare, sentivo un forte dolore alle gambe – dice – Alla stazione un signore mi ha soccorso e mi ha portato all’ospedale, non ricordo bene chi fosse. Sono stato ricoverato un giorno, poi appena mi sono sentito meglio sono scappato. Non sapevo cosa fare e cosa mi sarebbe successo”. Da Vienna prende un treno diretto a Firenze dove lo aspetta lo zio Icham. E’ il 5 marzo, dopo 9 giorni di viaggio Ismael è a casa, a Livorno. Adesso che è ritornato ad una vita “calma e sicura”, almeno per la sua incolumità fisica, deve affrontare un altro viaggio, quello burocratico. In Ucraina la sua vita era scandita dallo studio all’università e dagli allenamenti in palestra: un’esistenza come tante, in Ucraina, in Europa. Ismael vorrebbe ricominciare da lì.